Autore: Eugenio
Ingredienti:
Secondo giorno
ore 8 – secondo impasto
Aggiungere al primo impasto: 35 grammi di acqua di fior d’arancio (oppure di marsala secco), 80 grammi di zucchero, 80 grammi di burro, un cucchiaino di sale, 130 grammi di manitoba e 60 grammi di farina 00. Impastare a lungo; intanto fare leggermente intiepidire in forno la frutta e cioè: uvetta gr. 600, Cedro e scorza d’arancia canditi in totale gr. 240, pinoli di Pisa gr. 180, semi di finocchio gr. 24. Aggiungere anche questa all’impasto, amalgamarla bene, coprire e lasciare riposare per 45 minuti.
Dividere l’impasto secondo le pezzature desiderate e cioè 1080 grammi per ottenere (una volta cotti) pandolci da un chilo e 800 grammi per pandolci da ¾ di chilo. Con questa dose ho ottenuto 2 pandolci da chilo e 2 da tre quarti. Sull’asse di legno, dare a ogni pezzo una forma il più possibile sferica (prima tornitura) e coprirli con una tovaglia. Lasciarli riposare per mezz’ora e procedere alla seconda tornitura cioè rimetterli in forma sferica facendo attenzione che la parte sottostante sia ben chiusa (senza grinze). Coprire nuovamente con la tovaglia e lasciarli lievitare per 7/8 ore mantenendo la temperatura ambiente sempre a 27/28 gradi.
ore 18.30 – cottura
Preriscaldare il forno, fare su ogni pandolce il classico taglio a triangolo, metterli nella placca del forno posandoli sulla carta da forno e far cuocere per circa 50 minuti a 190 gradi quelli da ¾ e per circa un’ora a 180 gradi quelli da chilo. Io mi sono regolato nel seguente modo: dopo aver infornato i pandolci ho atteso (circa 15 minuti) che iniziassero a colorire, allora li ho coperti con un foglio di stagnola che ho tolto 20 minuti prima del termine della cottura.
Ecco infine la ricetta filmata
Ingredienti:
- farina americana (manitoba) Kg. 1
- crescente (pasta lievitata) gr. 250
- burro gr. 250
- zucchero gr. 250 + 2 cucchiai
- uvetta gr. 500 (oppure 400)
- pinoli gr. 150
- uova n. 2
- cedro e buccia d’arancio canditi gr. 200
- semi di finocchio gr. 20
- acqua di fior d’arancio un bicchiere non grosso
- sale un pizzico
Il pandolce classico genovese è quello alto. Quello basso è stato tirato fuori verso il 1970 perché molto più veloce da farsi e, per convincere la gente a comprarlo, gli appiopparono l’aggettivo “antico”. Erano gli anni in cui tutto ciò che era “antico” vendeva; un po’ come ora per tutto ciò che è “biologico”. Veniamo a noi: questa che vi dò è la ricetta della zia Bice e io trovo questo pandolce migliore di tutti quelli in commercio. Affinché riesca bene io uso una bella impastatrice; perché il segreto per una buona riuscita è quello di impastarlo bene. Se non avete l’impastatrice preparatevi a fare una buona ginnastica alle braccia; le signore potranno farla fare ai mariti.
Impastate il crescente con 250 gr. di farina e lavorate moltissimo, strappando la pasta e riunendola tante volte, finchè non acquisti una certa elasticità. Lasciatela lievitare ben coperta con un panno umido perché non faccia crosta.Alla pasta ottenuta, quando è ben lievitata (ossia quando ha raddoppiato il volume iniziale) si aggiungono altri 250 grammi di farina e si ripete l’operazione, cioè la si lavora moltissimo e si rimette a lievitare.Lievitato che sia anche questo secondo impasto, si dispone sulla madia il mezzo chilo di farina rimasta, nel mezzo si mette la pasta lievitata e si versa su di essa il burro fuso, caldo ma non troppo, i tuorli d’uovo sbattuti con due cucchiai di zucchero (oltre i 250 gr. della dose), una buccia di limone (che poi si toglierà a fine lavorazione), i bianchi montati a neve, il sale e si comincia a lavorare l’impasto aggiungendo poco per volta l’acqua di fior d’arancio. Se esso risultasse troppo sodo lo si può bagnare con un po’ di latte (tenere presente però che, aggiungendo poi lo zucchero, la pasta ri rammollisce un po’). Lavorarla con lo stesso sistema. Si dispone lo zucchero in circolo sulla madia a poco a poco e si lavora finchè non è ben incorporato. Ricordare che più si lavora, più si può sperare nel buon esito dell’impresa. All’ultimo si unisce l’uvetta (ben asciutta), i pinoli, il finocchio e i canditi. Si rimette poi a lievitare in un posto bel tiepido. Calcolare che occorrono 8 o 9 ore di tempo e forse anche più (a seconda della temperatura). Prima però di metterlo a lievitare avrete fatto sul pandolce il classico taglio a triangolo. Lo cuocerete poi per circa un’ora e mezza a 190 gradi di temperatura avendo messo nel forno una piccola pirofila colma d’acqua che manterrà la giusta umidità. Cotto che sia togliete la pirofila, richiudete il forno, spegnetelo e lasciatevi raffreddare lentamente il pandolce.Per chi non lo sapesse, durante il pranzo di natale, il pandolce farà bella mostra di sè sul buffet con infisso un bel ramo di alloro. Sarà poi tagliato dalla persona più anziana o dal capo famiglia e la prima fettina sarà data al più giovane presente. Un po’ di pandolce andrà poi conservato per essere mangiato il giorno di S.Biagio (3 febbraio) e questo dovrebbe essere utile per prevenire i mali di gola.
Impastate il crescente con 250 gr. di farina e lavorate moltissimo, strappando la pasta e riunendola tante volte, finchè non acquisti una certa elasticità. Lasciatela lievitare ben coperta con un panno umido perché non faccia crosta.Alla pasta ottenuta, quando è ben lievitata (ossia quando ha raddoppiato il volume iniziale) si aggiungono altri 250 grammi di farina e si ripete l’operazione, cioè la si lavora moltissimo e si rimette a lievitare.Lievitato che sia anche questo secondo impasto, si dispone sulla madia il mezzo chilo di farina rimasta, nel mezzo si mette la pasta lievitata e si versa su di essa il burro fuso, caldo ma non troppo, i tuorli d’uovo sbattuti con due cucchiai di zucchero (oltre i 250 gr. della dose), una buccia di limone (che poi si toglierà a fine lavorazione), i bianchi montati a neve, il sale e si comincia a lavorare l’impasto aggiungendo poco per volta l’acqua di fior d’arancio. Se esso risultasse troppo sodo lo si può bagnare con un po’ di latte (tenere presente però che, aggiungendo poi lo zucchero, la pasta ri rammollisce un po’). Lavorarla con lo stesso sistema. Si dispone lo zucchero in circolo sulla madia a poco a poco e si lavora finchè non è ben incorporato. Ricordare che più si lavora, più si può sperare nel buon esito dell’impresa. All’ultimo si unisce l’uvetta (ben asciutta), i pinoli, il finocchio e i canditi. Si rimette poi a lievitare in un posto bel tiepido. Calcolare che occorrono 8 o 9 ore di tempo e forse anche più (a seconda della temperatura). Prima però di metterlo a lievitare avrete fatto sul pandolce il classico taglio a triangolo. Lo cuocerete poi per circa un’ora e mezza a 190 gradi di temperatura avendo messo nel forno una piccola pirofila colma d’acqua che manterrà la giusta umidità. Cotto che sia togliete la pirofila, richiudete il forno, spegnetelo e lasciatevi raffreddare lentamente il pandolce.Per chi non lo sapesse, durante il pranzo di natale, il pandolce farà bella mostra di sè sul buffet con infisso un bel ramo di alloro. Sarà poi tagliato dalla persona più anziana o dal capo famiglia e la prima fettina sarà data al più giovane presente. Un po’ di pandolce andrà poi conservato per essere mangiato il giorno di S.Biagio (3 febbraio) e questo dovrebbe essere utile per prevenire i mali di gola.
Seguendo i suggerimenti di un esperto pasticcere ho modificato la ricetta in modo da utilizzare la tecnica del doppio impasto che dà la quasi certezza di una perfetta lievitazione. Infatti la lievitazione di impasti pesanti per mezzo del lievito madre è sempre un'operazione rischiosa. Ecco la ricetta aggiornata:
Primo giorno (rimesse e primo impasto) per le rimesse utilizzare farina manitoba e acqua non troppo calda ma appena rotta (fra 22 e 30 gradi)
ore 11 – prima rimessa
ammollare 60 grammi di crescente in 20 grammi d’acqua e impastarlo con 40 grammi di farina. Mettere l’impasto in un sacchetto in plastica di quelli per i cibi congelati, chiuderlo senza annodarlo e metterlo in un vaso di vetro (meglio ancora se di legno). Lasciarlo lievitare per 3 ore a 25-27 gradi.
Ore 14.30 – seconda rimessa
prendere l’impasto precedente, cioè 120 grammi, e ripetere le operazioni della prima rimessa utilizzando però 80 gr. di farina e 40 gr. d’acqua.
Ore 18 – terza rimessa
impasto precedente 240 gr., acqua 80 gr., farina 160 gr. ripetere le operazioni della rimessa precedente.
Ore 21.30 – primo impasto
dai 480 grammi di crescente ottenuti dalla terza rimessa prelevarne 350 grammi, ammollarlo con 180 grammi di acqua e 160 grammi di acqua di fior d’arancio e due uova. Impastarlo con: 700 grammi di farina manitoba e 300 grammi di farina 00 (miscelate insieme), 230 grammi di zucchero, 230 grammi di burro (ammollato nel microonde o a bagnomaria facendo attenzione che non sia troppo caldo), la buccia sottile (cioè la parta gialla) di un limone. Impastarlo a lungo, togliere la buccia di limone e lasciarlo lievitare per almeno 8/9 ore a 27/28 gradi. Io l’ho lasciato nella ciotola in plastica dell’impastatrice coperta da un coperchio di vetro. Non mettere mai gli impasti col lievito madre nel metallo. L’ideale sarebbe il legno ma va bene anche la plastica e se non si ha un coperchio adatto coprire con una tovaglia e con un foglio di cellophane. Deve più che raddoppiare di volume.
ore 11 – prima rimessa
ammollare 60 grammi di crescente in 20 grammi d’acqua e impastarlo con 40 grammi di farina. Mettere l’impasto in un sacchetto in plastica di quelli per i cibi congelati, chiuderlo senza annodarlo e metterlo in un vaso di vetro (meglio ancora se di legno). Lasciarlo lievitare per 3 ore a 25-27 gradi.
Ore 14.30 – seconda rimessa
prendere l’impasto precedente, cioè 120 grammi, e ripetere le operazioni della prima rimessa utilizzando però 80 gr. di farina e 40 gr. d’acqua.
Ore 18 – terza rimessa
impasto precedente 240 gr., acqua 80 gr., farina 160 gr. ripetere le operazioni della rimessa precedente.
Ore 21.30 – primo impasto
dai 480 grammi di crescente ottenuti dalla terza rimessa prelevarne 350 grammi, ammollarlo con 180 grammi di acqua e 160 grammi di acqua di fior d’arancio e due uova. Impastarlo con: 700 grammi di farina manitoba e 300 grammi di farina 00 (miscelate insieme), 230 grammi di zucchero, 230 grammi di burro (ammollato nel microonde o a bagnomaria facendo attenzione che non sia troppo caldo), la buccia sottile (cioè la parta gialla) di un limone. Impastarlo a lungo, togliere la buccia di limone e lasciarlo lievitare per almeno 8/9 ore a 27/28 gradi. Io l’ho lasciato nella ciotola in plastica dell’impastatrice coperta da un coperchio di vetro. Non mettere mai gli impasti col lievito madre nel metallo. L’ideale sarebbe il legno ma va bene anche la plastica e se non si ha un coperchio adatto coprire con una tovaglia e con un foglio di cellophane. Deve più che raddoppiare di volume.
Secondo giorno
ore 8 – secondo impasto
Aggiungere al primo impasto: 35 grammi di acqua di fior d’arancio (oppure di marsala secco), 80 grammi di zucchero, 80 grammi di burro, un cucchiaino di sale, 130 grammi di manitoba e 60 grammi di farina 00. Impastare a lungo; intanto fare leggermente intiepidire in forno la frutta e cioè: uvetta gr. 600, Cedro e scorza d’arancia canditi in totale gr. 240, pinoli di Pisa gr. 180, semi di finocchio gr. 24. Aggiungere anche questa all’impasto, amalgamarla bene, coprire e lasciare riposare per 45 minuti.
Dividere l’impasto secondo le pezzature desiderate e cioè 1080 grammi per ottenere (una volta cotti) pandolci da un chilo e 800 grammi per pandolci da ¾ di chilo. Con questa dose ho ottenuto 2 pandolci da chilo e 2 da tre quarti. Sull’asse di legno, dare a ogni pezzo una forma il più possibile sferica (prima tornitura) e coprirli con una tovaglia. Lasciarli riposare per mezz’ora e procedere alla seconda tornitura cioè rimetterli in forma sferica facendo attenzione che la parte sottostante sia ben chiusa (senza grinze). Coprire nuovamente con la tovaglia e lasciarli lievitare per 7/8 ore mantenendo la temperatura ambiente sempre a 27/28 gradi.
ore 18.30 – cottura
Preriscaldare il forno, fare su ogni pandolce il classico taglio a triangolo, metterli nella placca del forno posandoli sulla carta da forno e far cuocere per circa 50 minuti a 190 gradi quelli da ¾ e per circa un’ora a 180 gradi quelli da chilo. Io mi sono regolato nel seguente modo: dopo aver infornato i pandolci ho atteso (circa 15 minuti) che iniziassero a colorire, allora li ho coperti con un foglio di stagnola che ho tolto 20 minuti prima del termine della cottura.
Ecco infine la ricetta filmata